martedì 7 febbraio 2023

Prova Asics Noosa Tri 14 - Prima impressione

La prima impressione è stata quella di una scarpa molto sincera, ma non confortevole come speravo.
Conferma di essere una scarpa da gara per distanze brevi e in questo mantiene tutto quel che promette, a dispetto di alcune recensioni che l'hanno descritta come morbida e confortevole.
Confortevole lo è, in quanto la tomaia, almeno per il mio piede, ha la giusta dimensione. Non è fasciante come una Nike, ma neppure quel tantino larga come certe Saucony o peggio Hoka.
Il drop di 5 mm si avverte chiaramente, più di quanto non lo abbia notato nella Clifton, forse anche perchè in quel caso la quantità di gomma e la maggiore morbidezza rende più ovattata la sensazione di corsa.
La Noosa invece ritorna una sensazione più asciutta. 
Asseconda bene la corsa di avanpiede, assorbe con solidità la falcata, non ritorna molta energia, ma permette di sfruttare bene la forza impressa alla scarpa, senza sprechi.
E certamente permette più di altre di sentire quel che succede sotto le suole.
Scendendo da scarpe piastrate quali le nike Fly fliknit e Saucony Endorphine Speed 2, è evidentissima la stabilità offerta, a garanzia di una corsa più naturale e meno stressante per caviglie.
Per contraltare, però, paga molto in termini di ammortizzazione ed elasticità, forse un po' troppo.
Si rivela dunque una vera e propria scarpa da Sprint, dove darà il meglio di sè per gli accorgimenti che, tra le poche, favoriscono rapidità di calzata, utilizzo senza calze e areazione del piede.
La scarpa ha infatti il collo che si prolunga all'indietro per consentire lo scivolamento del piede al suo interno, e un grande occhiello sulla linguetta per attaccarvisi. Viene fornita inoltre già in acquisto degli indispensabili lacci elastici coordinati.
L'unica perplessità riguarda la dinamica di calzata evidentemente pensata dai progettisti. L'appendice sul retro non è infatti sufficiente per essere saldamente afferrata con le dita, tirando la scarpa verso di sè, mentre si sta su una gamba sola in fianco alla bici, ma evidentemente si è pensato che fosse più efficiente consentire all'atleta di infilarvi il piede con scarpa a terra e, sfruttando il proprio peso, infilarla tirando la linguetta e scivolando sull'invito dato dalla protuberanza posteriore.
Il mio auspicio è che questo, però, non favorisca l'insorgere di crampi, dal momento che si va a sollecitare la catena posteriore della gamba, già provata dalla sessione bici.
Detto questo, la scarpa non mi dispiace, ma chiudo con la sensazione che una scarpa ben più vecchia e meno pretenziosa quale la Saucony Breakthru, a mio giudizio molto incompresa, esprimesse alla fine le stesse se non migliori qualità, pur non essendo una scarpa specifica per la triplice.
Ho corso solo 7 chilometri senza variazioni di passo, per cui potrei ritornare sull'argomento,e lo spero vivamente, e ricredermi o correggere alcune considerazioni.





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